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Nicola Giammarioli in intervista a Il Sole 24 Ore

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ESM

Trascrizione dell'intervista al segretario generale dell'ESM Nicola Giammarioli
Pubblicato in Il Sole 24 Ore il 5 ottobre 2019

Intervista condotta il 26 settembre 2019 in inglese
Intervistatore: Beda Romano
 
 
Nato nel 2012, l’ESM sta cambiando pelle. In quale direzione?
 
I paese membri hanno concordato una serie di riforme al nostro mandato che devono ancora essere ratificate dai rispettivi 19 parlamenti. L’ESM non assicurerà più solo assistenza finanziaria nei casi di crisi di liquidità. I governi hanno anche deciso che firmeremo insieme alla Commissione europea i futuri eventuali memorandum di intesa con i paesi che hanno bisogno di aiuti. Avremo maggiore responsabilità nel negoziare le condizioni che il paese beneficiario di aiuti dovrà rispettare. Quindi seguiremo  da vicino l’evoluzione economica e finanziaria dei nostri paesi membri, per valutare eventuali rischi, senza per questo duplicare il lavoro della Commissione europea ma approfittando della nostra conoscenza dei mercati finanziari. Nel frattempo, con la nascita di una unione bancaria, i governi ci hanno anche dato il compito di paracadute finanziario del Fondo europeo di risoluzione bancaria.
 
A quale istituzione internazionale paragonerebbe l’ESM?
 
Come il Fondo monetario internazionale, anche l’ESM concede prestiti, ma a differenza dell’FMI, che può contare sul denaro delle banche centrali dei paesi membri, noi raccogliamo denaro sul mercato e possiamo investire il capitale sosttoscritto. Sul fronte più operativo, il ruolo della regolare sorveglianza macroeconomica è prerogativa della Commissione europea. Noi ci occupiamo del finanziamento, come detto. A differenza dell’FMI, possiamo però concedere prestiti ai paesi membri per ricapitalizare le banche, come abbiamo fatto in Spagna.
 
Possiamo ritenere l’ESM il braccio finanziario di un progetto politico?
 
Diceva Robert Schuman: “L’Europa non sarà fatta in un colpo solo o in base a un singolo piano, ma attraverso risultati concreti”. L’ESM è uno di questi risultati concreti. L’ESM, più della Banca centrale europea i cui azionisti appartengono a tutta l’Unione europea, è una istituzione prettamente della zona euro. Quando viaggiamo nel mondo per incontrare investitori - ossia banche commerciali, fondi sovrani, istituti monetari (a cui l’ESM vende obbligazioni, ndr) - rappresentiamo il processo in atto di rafforzamento della zona euro e della moneta unica. Non presentiamo solo  una istituzione, ma un progetto più ampio. Quando incontriamo gli investitori in giro per il mondo (anche insieme al presidente dell’Eurogruppo Mário Centeno, ndr), questi non ci chiedono quanto sia solido l’ESM, ma dove sta andando il progetto europeo. In questo senso siamo l’ambasciatore dell’euro.
 
Pensa che l’ESM possa giocare un ruolo nel rafforzare il ruolo internazionale della moneta unica?
 
Dovremmo mirare ad avere un sistema valutario che a livello mondiale sia più multipolare, meno incentrato sul dollaro e con un ruolo maggiore per l’euro. Seguiamo il dibattito da vicino. Più in generale, direi che ci sentiamo parte di un progetto iniziato più di 60 anni fa e di cui l'euro è la forma più integrata. Se mi dovesse chiedere se vorrei che i miei figli vivano in futuro negli Stati Uniti d’Europa le direi di sì, ma l’obiettivo è lontano, una visione. Andiamo passo passo. E l’ESM è uno di questi passi.
 
Mi permetta di insistere:  pensa che l’ESM possa contribuire ad affermare la sovranità europea?
 
Bisogna intenderci sull’espressione sovranità europea. Vendiamo obbligazioni in euro, ma per ora non obbligazioni sostenute da una unione di bilancio e da uno stato sovrano, i cosiddetti eurobonds. Come affermazione generale, direi che se l'unione monetaria funziona meglio il ruolo dell'Europa nel mondo sarà più forte.
 
A proposito: nel 2018, Bruxelles ha proposto ai governi – senza successo - la nascita di obbligazioni europee garantite da titoli sovrani. Si discute anche di titoli cartolarizzati basati su obbligazioni nazionali. Il nuovo rallentamento economico potrebbe riportare in auge i cosiddetti safe assets?
 
Finora non ci sono eurobonds. I tentativi degli accademici di creare degli safe assets sono lodevoli, sebbene finora non abbiano prodotto risultati convincenti. Gli safe assets permetterebbero di promuovere la circolazione dell’euro, rendendo i mercati europei più liquidi e più attraenti per gli investitori internazionali; contribuirebbero a migliorare i bilanci bancari e la trasmissione della politica monetaria della BCE così come a spezzare i legami tra bilanci sovrani e bilanci bancari.
 
Siamo in una fase di rendimenti negativi di alcune obbligazioni sovrane europee. Pensa che gli safe assets potrebbero diversificare l’offerta e quindi riportare in territorio positivo i rendimenti negativi?
 
Nell’attuale situazione finanziaria, un vero safe asset europeo rischierebbe di avere anch’esso un rendimento negativo. Credo quindi che gli safe assets faciliterebbero la trasmissione di politica monetaria, ma non avrebbero un impatto sui rendimenti nelle attuali condizioni. Una ragione più concreta per creare degli safe assets, in attesa degli eurobonds, sia quella di perseguire un rafforzamento del ruolo internazionale dell’euro.
 
Una ultima domanda: che rapporti coltiva l’ESM con le altre organizzazioni internazionali?
 
Facciamo parte di una rete che raggruppa gli organismi regionali nati sulla scia delle recenti crisi finanziarie (i cosiddetti regional financing arrangements, ndr). Anche l’FMI fa parte di questa rete e partecipa alle nostre riunioni. Oltre che in Europa con l’ESM, esistono accordi simili in Asia, in Sud America, in Russia e nella ex URSS, nel mondo arabo, e anche tra i BRICS – ossia il Brasile, la Russia, l’India, la Cina e il Sud Africa.
 
 
 
 

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